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Tra poco meno di due settimane si apre la scuola e apriamo questa giornata con un racconto che riguarda il mondo scolastico. I fatti narrati avvengono in Slovenia, ma nella realtà potrebbero essere accaduti anche in Italia. Buona lettura
#scuola
Dopo il dissolvimento dell’ex Jugoslavia Palamov dirigeva di fatto un istituto per giovani studenti ai confini con l’Italia. La Slovenia aveva investito nell’educazione delle nuove generazioni, futura classe politica del nuovo stato. Palamov era stato un maestro elementare, aveva fatto parte della vecchia nomenclatura comunista locale e fu chiamato a ricoprire quel ruolo per la sua esperienza nel settore scolastico. Gli allievi per frequentare l’istituto pagavano una retta, non molto esosa ma neanche spiccioli! Vi si iscrivevano sia figli di famiglie agiate e borghesi che di lavoratori, che a stento riuscivano ad arrivare alla fine del mese, con la speranza di vedere cambiata in meglio la situazione socio-economica dei propri figli. Altre famiglie, impegnate nella difficile corsa della vita, quando si accorgevano di trascurare l’educazione dei propri i figli, la demandavano ad altri.
Per molti anni le cose andarono benissimo, l’effetto della novità determinò un pienone di iscritti e soldi a volontà. Grazie alle sovvenzioni dello Stato, il costo del personale, le utenze per riscaldamento, energia elettrica ed acqua era completamente azzerato. Le rette servivano solo per il vitto e per qualche attività extra che si offriva ai ‘collegianti’. Lo Stato sloveno imponeva il pareggio di bilancio annuale, quindi eventuali utili non potevano essere accantonati e venivano spesi per il miglioramento e la manutenzione della struttura. Palamov da parte sua era un uomo pratico, risolveva sempre i problemi in un modo o nell’altro. Era un abile mediatore e affabile adulatore. Si faceva sempre ascoltare e trovava sempre una soluzione. Qualche fastidio arrivò all’inizio, dalle organizzazioni dei sindacati che accordandosi con i politici del nuovo Stato inserivano nei ruoli pubblici chiave propri uomini, che con fare da manutengoli alimentavano un certo malaffare. Nell’istituto questo malaffare si manifestava nel piazzare a lavorare nella struttura lavoratori pubblici demotivati dell’ex stato jugoslavo. Col passare degli anni le famiglie più povere, che si erano indebitate per pagare le rette con la speranza di vedere formati i propri figli come futuri attori del nuovo corso, si resero conto che il ruolo più alto al quale potessero aspirare i propri figli non poteva essere altro se non quello di comparsa. Gli iscritti iniziarono cosi’ a diminuire, nella struttura non si faceva più manutenzione, non si investiva e gli avanzi di bilancio in un modo o nell’altro finivano nelle tasche di dirigenti e fiancheggiatori.
Palamov se ne accorse e pensò il da farsi. Era entrata in vigore da poco nello Stato sloveno una legge che imponeva di effettuare i pagamenti verso la pubblica amministrazione solo ed esclusivamente attraverso una procedura digitale, comprese le rette degli allievi dell’istituto. Solo che la maggior parte delle famiglie dei giovani studenti era poco avvezza ad adoperare questi strumenti digitali. Lo era anche Palamov però…. Pensò di offrire un servizio alle famiglie. Offrì uno sportello il sabato mattina, quando i padri di famiglia non lavoravano. Questi recandosi allo sportello firmavano una delega a Palamov che in nome e per conto della famiglia si occupava di effettuare i pagamenti digitali della retta. “Io sottoscritto, padre dell’allievo, con la presente delego il signor Palamov ad effettuare il pagamento della retta in maniera digitale in nome e per conto del sottoscritto e consegno brevi manu la cifra di $”. Palamov la controfirmava e via alla prossima famiglia. Intanto l’istituto andava sempre piu’ in malora, il sovrintendente era diventato vecchio e non si occupava più di controllare, i dipendenti si accontentavano dello stipendio dello Stato e le cose andarono così ancora per diversi anni. Se qualcuno faceva notare che c’erano famiglie morose Palamov, in nome del vecchio comunista che era stato, replicava che bisognava garantire il diritto allo studio a tutti. Intanto, invece di effettuare i pagamenti in nome e per conto delle famiglie, se li metteva in tasca. Un giorno un genitore, lamentandosi del pessimo servizio offerto dall’istituto mise nero su bianco e scrisse al responsabile gerarchico del dipartimento di istruzione. Ne derivò un’indagine interna, fu richiamato il vecchio sovrintendente che nel frattempo era andato in pensione. Si croprì tutto! Se la cosa fosse giunta all’orecchio di un giornalista e all’opinione pubblica, sarebbe scoppiato uno scandalo bello e buono, di proporzioni medio-grandi. Si decise di lavare i panni sporchi in famiglia. Chiesero a Palamov di restituire il maltolto, furono fatte indagini patrimoniali sui suoi beni, sui suoi conti bancari, ma non uscì fuori un centesimo, se non debiti. Palamov aveva nascosto tutto per bene. A questo punto, invece di fare come si fa in un qualsiasi paese democratico e civile, cioè denunciare il tutto alla gendarmeria, il vecchio e il nuovo sovrintendente concordarono di sottoporre Palamov ad una visita medica. Questa sancì la sua inabilità al lavoro. Fu messo in pensione anticipata. Il posto di Palamov fu preso dal suo vice. Tutti i membri del consiglio di amministrazione dell’istituto furono promossi o propri familiari presi a lavorare nell’istituto. Lo Stato erogò un finanziamento straordinario per la manutenzione ordinaria e straordinaria della struttura e di nuovo tanti giovani tornarono ad iscriversi nell’istituto.
Palamov passò il resto della propria vita senza far nulla in un paesino della costa sul mar Adriatico. L’istituto è tutt’ora aperto.